Sempre più spesso nel mondo del whisky le discussioni vertono sul processo di chill-filtration, o filtrazione a freddo. I consumatori sono sempre più attenti nel cercare prodotti che dichiarino in etichetta di non aver subito questo processo, mentre le più grandi aziende produttrici difendono questa metodologia: ma in cosa consiste la filtrazione a freddo e quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere?
Per rispondere a queste domande bisogna partire dalle fasi di produzione precedenti. Durante la fermentazione si forma buona parte delle componenti aromatiche del distillato. Fra di queste ci sono gli esteri, particolari composti formati da un alcol, in questo caso principalmente quello etilico, e un acido organico, ossia con una base di carbonio. Una parte di questi acidi organici presenta una catena piuttosto lunga, sono i cosiddetti acidi grassi. Una volta che hanno reagito con l’etanolo formano esteri di aspetto oleoso, i quali passano praticamente indenni attraverso le fasi di distillazione.
Il problema si verifica quando il distillato viene diluito sotto i 46°, così come la grandissima parte dei whisky in commercio, oppure sotto una certa temperatura: diminuisce la solubilità dti questi composti, che rendono quindi il distillato lattiginoso. Questo non comporta assolutamente alcun problema sulla salubrità del prodotto, ma è un’eventualità che i grandi produttori vogliono evitare, in quanto il consumatore poco informato può scambiarlo per un difetto.
Il procedimento è in realtà molto semplice: il whisky viene rapidamente raffreddato a temperature attorno agli 0° C, in questo modo gli olii precipitano e successivamente viene fatto passare attraverso una serie di filtri che rimuovono queste sostanze, in modo da ottenere un distillato limpido e cristallino.
Negli ultimi anni il mercato del whisky e soprattutto l’attenzione dei consumatori verso i prodotti è cambiata moltissimo, complice una generale maggior cultura e una maggior ricerca della qualità, portata avanti soprattutto dall’enorme lavoro degli imbottigliatori indipendenti. Il processo di filtrazione a freddo è quindi sempre più visto come un passaggio inutile e non necessario che va ad alterare la composizione dello spirito, e sempre un maggior numero di produttori stanno abbandonando la pratica. In degustazione si è visto che poco cambia, anzi alla cieca è praticamente impossibile distinguere un whisky filtrato da uno non filtrato. Non sempre però la non-filtrazione è un indice di maggiore qualità organolettica, si tratta più che altro di un indice di qualità per quanto riguarda la minore manipolazione possibile e il poter fornire al consumatore un prodotto così come esce dalla botte, con le sue caratteristiche e peculiarità.
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