Le botti del whisky

Le botti del whisky

 

Le botti del whisky sono strutture in legno che possono contenere dai 40 ai 700 litri di distillato. La dimensione influenza l’invecchiamento, così come l’origine del legno. La botte è di legno di rovere, solitamente rovere americano o europeo. Le botti di rovere americano sono le più utilizzate, mentre quelle europee sono più rare perchè più costose. Tendenzialmente si utilizzano botti già utilizzate, riempite ad esempio con bourbon americano o sherry spagnolo. Sono disponibili sul mercato prodotti invecchiati in botti vergini (“Virgin Oak”).

Il liquido precedentemente contenuto trasmette al legno delle caratteristiche particolari (ricevendone altrettante) che verranno poi cedute al successivo distillato: si tratta di profumi, sapori e colore. Queste caratteristiche daranno un’impronta ben precisa al whisky, per cui la selezione delle botti è fondamentale per ogni distilleria.

Oggigiorno, circa il 90% delle botti presenti sono “ex-bourbon”, cioè botti che in precedenza hanno contenuto bourbon americano. Sono le botti più economiche, di solito dotate di una capienza di 250 litri. Le botti che invecchiano bourbon, secondo la legislazione degli Stati Uniti d’America, possono essere utilizzate una volta sola, quindi la distilleria di bourbon le mette in commercio, smontandole e spedendole negli altri paesi del mondo che producono whisky. Le botti di rovere europeo sono più rare e solitamente si attestano sui 500 litri. La rarità ne definisce un costo maggiore, sia a livello della botte stessa sia a livello del whisky che verrà poi venduto dopo l’invecchiamento. Alcune distillerie, ad esempio Glendronach, sono conosciute per un utilizzo quasi totale di botti di questo tipo. Diverse distillerie sfruttano le caratteristiche delle due tipologie di botti per creare prodotti che coniughino caratteristiche diverse.

Le botti sono di norma usate più volte, di solito tre volte, per ammortizzare il costo della botte stessa e poiché divengono parte del patrimonio della distilleria. Il passaggio è dunque il seguente: dopo un utilizzo della botte per invecchiare bourbon (o sherry, porto, vino o altro ancora), la botte giunge presso la distilleria di whisky e viene utilizzata diverse volte, tre o quattro, caratterizzando, uso dopo uso, sempre meno il contenuto. Al termine dei tre/quattro riempimenti la botte può essere rinnovata e riutilizzata nuovamente (tutto ciò avviene tramite un procedimento di ricarbonizzazione, in modo da darle nuova vita).

Ogni distilleria ha il proprio registro storico delle botti, che permette di conoscere esattamente il numero di volte che una botte è stata utilizzata. Il primo riempimento caratterizza maggiormente il liquido. Il distillato, prima di essere messo in barile, viene abbassato di gradazione alcolica fino al raggiungimento di 63,5°, grado alcolico considerato ottimale per l’invecchiamento. Successivamente viene versato nella botte, la quale viene posizionata nei magazzini per l’inizio dell’invecchiamento.

I magazzini sono di due tipi: dunnage, ovvero con un massimo tre file di botti sovrapposte, oppure rack, caratterizzati da strutture metalliche che si innalzano sino al soffitto. Per evitare problemi economici per cause di calamità naturali e non (primi fra tutti gli incendi), le distillerie sono solite scambiarsi le botti, o adottare accorgimenti particolari, come la disposizione dei magazzini a distanza l’uno dall’altro.

Il legno della botte assorbe immediatamente il 2% del new make spirit e poi, annualmente, il distillato perde una percentuale variabile di alcol, la cosiddetta angel’s share: questa può variare dal 1-2% per la Scozia sino a toccare percentuali ben più alte, come avviene a Taiwan (distilleria Kavalan) o in India (Amrut).

CURIOSITÀ

Oltre alla quercia americana ed europea, ne esiste un terzo tipo, la Mizunara, dal nome del rovere giapponese. Questo legno è ancora più raro e dona caratteristiche uniche al prodotto. Bowmore ha lanciato sul mercato una bottiglia invecchiata esclusivamente in queste botti. Vi sono poi diversi whisky giapponesi che fanno uso, almeno in parte, di questa tipologia di botte.

 

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